Cetacei - Gradese Subacquei

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Cetacei

Mondo Marino

Cetacei
 
Mammiferi acquatici    

I Cetacei comprendono gli animali più grandi mai esistiti, a loro agio negli ambienti acquatici più diversi, dai Poli all’Equatore.

Si dividono in due gruppi: Misticeti e Odontoceti. I Misticeti  sono sprovvisti di denti, che nella mascella sono sostituiti da fanoni; gli Odontoceti sono provvisti di denti.

I sistemi di percezione dei Cetacei sono ben adattati all’ambiente in cui vivono: il suono si propaga nell’acqua 4,5 volte più velocemente che nell’aria (340 m/sec *4,5=1530 m/sec!); l’odore, invece, si diffonde lentamente; gli occhi percepiscono meglio il blu nell’intera gamma di lunghezze d’onda dello spettro del visibile. Udito, vista e tatto sono importanti come per tutti gli altri Mammiferi.

Per comunicare fra loro, tutti i Cetacei emettono un’ampia serie di suoni sfruttando al meglio le proprietà acustiche dell’acqua. Azione estremamente utile anche per navigare in assenza di luce totale (di notte o nelle acque profonde) o parziale (nelle acque torbide) e cacciare le prede.

Il delfino emette e riceve suoni tra 250 e 220000 Hz. Le basse frequenze emesse dalla protuberanza frontale (il melone) gli consentono di localizzare oggetti molto lontani. Le alte frequenze emesse dalla punta cartilaginea del rostro gli permettono di riconoscere con precisione gli oggetti vicini.

Nell’ecolocalizzazione un delfino emette un intenso fascio di onde sonore ad alta frequenza, che rimbalza sull’oggetto e ritorna come eco, permettendo, quindi, di determinarne la distanza, la posizione e le dimensioni.

Come funziona il biosonar?

Gli Odontoceti producono questi click nei tessuti molli delle cavità nasali, all’interno della fronte, tra il cranio e lo sfiatatoio; la propagazione del suono in avanti nel mezzo liquido è favorito dal melone, voluminosa struttura interna di tessuto adiposo.

Teoricamente, visto che viene trasmesso in mezzi differenti (ossa, tessuti ed acqua), il suono dovrebbe subire una perdita di resa, ma non è chiaro come gli Odontoceti riescano a bypassare tale inconveniente.

L’ecolocalizzazione richiede una complessa identificazione di vari tipi di suono. Ad esempio, la distanza di un oggetto dipende dal tempo impiegato dall’eco di ritorno, però ciò significa che l’animale deve essere in grado di distinguerlo dal suono di partenza. Inoltre l’orecchio deve essere isolato dall’intenso rumore della regione in cui si producono i click; l’isolamento è possibile grazie a delle cavità piene d’aria presenti nel capo, che molto probabilmente separano anche l’orecchio destro da quello sinistro, permettendo di udire direzionalmente.

L’eco di ritorno viene raccolto al lato del capo e trasmesso all’orecchio per mezzo della “finestra acustica” nella mascella, un deposito adiposo, un grosso osso dell’orecchio e una catena di amplificazione costituita da tre piccole ossa; all’interno dell’orecchio, la coclea intercetta il suono e lo trasmette al cervello.

Vari esperimenti hanno dimostrato che alcune specie sono in grado di ecolocalizzare talmente bene da individuare oggetti dal diametro di 1,5-3 mm da distanze di 3 m!

Alcuni delfini distinguono tra cuscinetti a sfera di 5 cm e di 6,5 cm di diametro!

In generale, sembra che il biosonar sia un organo di senso a breve o media distanza, che opera al meglio entro una distanza di circa 10 m.

I Misticeti producono segnali intensi ma a bassa frequenza, l’intervallo medio oscilla dai 20 ai 100 Hz, in quanto non dispongono di un biosonar (infatti, sono privi della struttura acustica propria dell’ecolocalizzazione, cioè i diverticoli nasali che negli Odontoceti producono i click); questi segnali, simili a “muggiti” hanno la funzione di mantenere gli individui in contatto fra loro anche a distanza di decine o centinaia di chilometri.

Comunque, anche all’interno del gruppo degli Odontoceti, sembra che l’ecolocalizzazione non venga sempre usata; ad esempio, le orche sfruttano il biosonar per cacciare i pesci, ma non sempre lo utilizzano per cacciare le foche o altri cetacei; perché? Perché si tratta di prede con un ottimo udito che possono avvertire la presenza del predatore e tanto meglio se questo usa i suoni per individuarli!

I suoni degli Odontoceti, maggiormente variabili rispetto a quelli dei Misticeti, possono essere distinti in tre categorie:

?  una serie di suoni ad impulsi a larga banda di frequenza detti “click”;

?  “fischi” continui a modulazione di frequenza;

?  raffiche di suoni ad impulsi con un tasso di ripetizione così alto che l’orecchio umano percepisce come un suono continuo simile ad uno “scricchiolio”. Le tre categorie di suoni hanno due funzioni diverse: i “click” per i biosonar; i “fischi” e gli “scricchiolii” per la comunicazione. I “fischi” nella loro complessità e variabilità possono avere per alcune specie di delfini la funzione di fischi firma, caratteristici cioè dei singoli individui e che potrebbero servire a identificare un animale dal suo simile.





By  federica (scuba)

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